martedì 9 aprile 2013

Appoggio con il diaframma-cantare sul fiato



“Appoggia i suoni al diaframma, appoggia i suoni in maschera, appoggia il suono al petto…”queste frasi, e  molte altre sono ben conosciute a chi si dedica allo studio del canto. In effetti l’appoggio è un concetto fondamentale poiché questo meccanismo è quello che permette alle potenzialità vocali di emergere e stabilizzarsi, facendo maturare la voce e rendendola qualitativamente ricca. Anche per quanto riguarda il concetto di appoggio le scuole di pensiero sono molte e spesso in contrasto, generando caos in chi, non avendo risultati, passa da un libro ad un altro, da un insegnante all’altro. In questa sede spero di rendere la mia idea di appoggio più chiara possibile, mi si perdonino le espressioni forse “troppo alla mano” e poco tecniche, potrei mettermi a scrivere di ogni muscolo che entra in azione, ma tradirei le mie intenzioni iniziali. Meglio la semplicità…

Cosa è l’appoggio?
Il passo successivo a quello dell’inspirazione e del sostegno consiste nell’apprendere il meccanismo dell’appoggio dei suoni. Appoggiare significa imparare a coordinare il delicato equilibrio che si viene a creare  durante il canto tra i muscoli del torace e del dorso e i muscoli addominali.  In altri termini, che preferisco usare, vuole dire essere in grado di dosare il fiato, di regolarne l’uscita, evitando  che il torace si svuoti e si sgonfi subito (attraverso il controllo delle ultime costole laterali che dovrebbero rimanere aperte e con l’aiuto dei muscoli addominali che rientrano, rimanendo tonici). Bisogna imparare a fare economia di fiato, a mandarlo fuori in maniera graduale, affinché i suoni non vengano di riflesso spinti bruscamente fuori ma risultino ampi e profondi  mantenendo la sensazione di ampiezza e profondità ottenuta con l’inspirazione. E’ in questa fase che il suono impara a costruirsi ed arricchirsi, è nell’acquisizione e nell’allenamento dell’appoggio che il suono si modella gradatamente e si delinea nella sua natura spontanea e non artefatta. 

In parole povere, come si effettua l’appoggio?

Durante la fase dell’appoggio vocale la nostra preoccupazione e la nostra attenzione dovranno essere quella di mantenere le ultime costole aperte il più possibile, in poche parole  mantenere la base del torace ampia e allargata (alcuni teorici parlano di cantare mantenendo lo stato inspiratorio). E’ necessario dunque attivare i muscoli del dorso pensando alla dimensione della larghezza. Il diaframma alla fine della respirazione diaframmatica-costale laterale è tirato come la pelle di un tamburo e questo stato deve essere mantenuto durante tutta la fonazione, mentre i muscoli addominali si contraggono e sostengono sempre il diaframma e l’aria in uscita. Tutto qui, in poche parole questo significa cantare di diaframma o cantare appoggiando i suoni al diaframma come alcuni insegnanti preferiscono dire. L’appoggio si può pensare anche come l’unione e la risoluzione logica delle sensazioni ottenute con l’inspirazione (laterale costale) con quelle del sostegno muscolare (ad opera degli addominali). Se all’inspirazione abbiamo associato un movimento orizzontale e al sostegno un movimento verticale dal basso verso l’alto, nel dinamismo dell’appoggio si manterrà contemporaneamente l’orizzontalità e la verticalità, cioè costole aperte e muscoli addominali attivi.
Pongo l’attenzione su un dettaglio importante durante la fase dell’appoggio: il movimento verticale dal basso verso l’alto del sostegno deve essere continuo e deciso (non rigido), guai a mollare questo movimento poiché ne risentirebbe tutto il processo vocale. Il sostegno può essere paragonato ad un vassoio che dal basso verso l’alto sostiene il diaframma e i suoni, e tiene su il fiato. Seguendo questa immagine se il vassoio cede casca tutto il contenuto, allo stesso modo se la tenuta muscolare degli addominali cede, la voce cade in gola,di questo ultimo aspetto ce ne occuperemo nel paragrafo seguente a proposito del canto sul fiato. L’appoggio vocale è la parte della tecnica del canto che richiede molto tempo, allenamento e pazienza poiché vanno coordinati differenti muscoli





Appoggio: Mantenere stato inspiratorio (orizzontalità, tenere costole aperte e utilizzo dei muscoli posteriori del dorso) + sostegno (idea del vassoio, dei muscoli addominali attivi che spingono in alto il diaframma e l’aria in fuori, verticalità)























Cantare sul fiato... 



In gergo tecnico spesso si sente parlare di “cantare sul fiato”, di “canto legato e morbido”,di “cantare su un unico fiato”, “ cantare fuori”, “ cantare proiettato”, “cantare in posizione”…cosa vogliono esprimere tutte queste frasi?Concetti importantissimi che è necessario vengano spiegati e analizzati, in queste frasi si nascondono suggerimenti molto utili al fine di trovare un suono spontaneo, ricco di vibrazioni naturali, un suono libero e soprattutto pulito, fluido, limpido, come lo scorrere di un ruscello.
Cosa molto importante che si deve curare mentre iniziamo a fonare è quella di lasciare che l’aria sia proiettata all’esterno e non trattenuta all’interno né frenata.  Senza girarci troppo intorno con discorsoni, il primo suono va sempre accompagnato con il fiato fuori da se, verso un punto immaginario lontano. Mentre il primo suono scorre tranquillo verso la sua strada, lo seguono anche gli altri suoni, sulla scia dello steso fiato che porta il primo. Per questo si dice “cantare su un unico fiato”,“ accompagnare tutti i suoni con lo stesso fiato” “ legare un suono nell’altro” etc…Una volta inspirato e preparato il sostegno, la concentrazione va al fiato che deve uscire con continuità, il fiato imbevuto di suono deve viaggiare sempre costante e fluido verso un pubblico anche immaginario. E’ di aiuto non  concentrarsi sui singoli suoni da emettere, piuttosto servirsi dell’idea che ci sia un fiato unico e continuo su cui si incamminano tutti i suoni. Se si pone attenzione sui singoli suoni il fiato si spezza e il canto diventa “affettato” per usare un termine tecnico ricorrente. In pratica si inspira aprendo bene le costole, si pre-appoggia tirando un po’ in dentro gli addominali,e attraverso l’appoggio si canta il primo suono pensandolo portato lontano e davanti a noi, come se dovesse raggiungere le ultime file dei posti a sedere di un teatro. Una volta accompagnato con il fiato il primo suono verso il fuori ( in termini tecnici si direbbe attaccare il primo suono, ma lo trovo un termine aggressivo rispetto alla dolcezza del canto) i  suoni successivi vanno pensati sullo stesso fiato del primo, come se “giocassero a rincorrere” il primo suono, trasportati dallo stesso fiato.  Quindi parola d’ordine lasciare sempre scorrere fuori il fiato. Guai a trattenere l’aria il suono in bocca, magari nel tentativo di farlo risuonare nel faringe o cercando di scurirlo o nell’impresa di ricercare delle risonanze che lo rendano più grosso, gonfio, scuro e potente. In tal modo la voce rimane chiusa in bocca e artefatta, le vibrazioni sono cupe, il fiato viene spezzato. Nel tragitto del suono e del fiato non ci devono essere scosse, o tentativi di utilizzare l’aria trattenendola, ma i suoni e il fiato vanno pensati come un flusso continuo, come un vento che soffia ininterrotto, proprio come se fossimo dei ventilatori. Mi viene in mente questo simpatico paragone: essi non vanno ad intermittenza, l’aria circola continua perché il motore funziona senza scosse. La stessa cosa avviene nel canto, il motore della   spontanea e continua.
voce è il lavoro dell’appoggio: come già affrontato lo sforzo e la concentrazione devono essere tese al di mantenimento delle costole aperte e all’ attivazione la muscolatura addominale che spinge l’aria in su e in fuori. Proprio come accade ad un ventilatore anche l’aria sostenuta dall’appoggio deve fluire.

 
Trasmetto altre  immagini che potrebbero essere utili ad “allenare il fiato” o “farsi il fiato”come si dice in termini tecnici:
-          pensare alla continuità dei suoni come a dei fili di perle, legate l’una all’altra senza scatti come se il secondo suono fosse una continuazione del primo e via dicendo;

-          immaginare di fare delle bolle di sapone: si soffia per formare la prima bolla e per accompagnarla lontano da se, e sullo stesso fiato si formano le altre bolle. Allora mentre proviamo a cantare per “allenare il fiato” ad uscire, divertiamoci a immaginare che stiamo facendo delle bolle;

-          pensare allo starnuto: il fiato esce continuo, come se stessimo starnutendo, divertiamoci a fare un finto starnuto “sonoro”, provare con “ HHHNNNN” lasciando la “n” continua sullo stesso fiato; 

-          pensare ad un treno: il primo suono si mette in moto sulla prima carrozza dove c’è l’autista, e gli altri suoni sono le carrozze passeggeri attaccate, esse scorrono insieme alla prima carrozza e viaggiano sullo stesso binario;

-          immaginare di essere una pentola a vapore che emette  fiato con continuità ;
 
-          immaginare il fiato come un’onda del mare che scorre continua, con un unico gesto


-          Immaginare una strada piana e continua: il primo suono accompagnato dal fiato inizia a percorrere una strada piana e ampia lontana, situata davanti al viso e fuori da esso. Tutti i suoni che seguono continuano ininterrotti sulla stessa strada e vanno lontano.
-          Ancora pensare al fiato come ad una ruota che continua ad andare avanti








Alcuni Errori…

Un errore istintivo che spesso fanno i principianti è quello di pensare ai singoli suoni come ad entità autonome per cui il fiato si spezza e si perde la continuità. Alcuni  insegnanti lo chiamano “cantare affettato”, cantare spezzato. Ciò che manca e che si può acquisire  è proprio il cantare sul primo fiato, su un unico fiato, pensando non ai singoli suoni ma per paradosso solo al fiato che esce. E’ importante per acquistare il legato e la morbidezza pensare di cantare su un unico gesto del fiato: in alcuni casi ho trovato utile suggerire di pensare a emettere il primo suono e pensare poi solo al fiato che esce continuo,  non pensare proprio di cantare ma di essere un vento che soffia continuo.
Altri cantanti invece sono viziati da tecniche  che pretendono il fiato e i suoni siano pensati dentro al corpo, alcuni chiedono addirittura di pensare di mangiare il suono o di mandarlo giù in basso, di ingurgitare aria…mhhh….che bei pranzetti vocali!Peccato che a lungo andare procurino tremende “ulcere vocali”.... In tal modo il fiato viene frenato, il suono non gioca libero fuori e lontano,ma si chiude dentro al corpo e si caricaturizza, travestendosi di risonanze scure e artefatte, il suono è cupo, spento.
Il cantare fuori e su un unico fiato dona al canto un che di estatico, oltre che essere piacevole e sonoro, il suono si caratterizza per la cosiddetta punta del suono, per il classico squillo, per il “campanellino” che si avverte in quelle voci educate in maniera corretta. Chi canta utilizzando correttamente il fiato rimane intonato e ha una dizione chiara e precisa. Sintetizzando si respira correttamente, si sostiene, si appoggia e quando si inizia a fonare si pensa ad un fiato continuo,.

A questo punto fatta chiarezza sulla respirazione, sostegno, appoggio e canto sul fiato, si può lavorare sui particolari della voce, fare un lavoro di affinamento soprattutto legato alla timbrica che varia da repertorio a repertorio e da genere a genere e qui è necessario l’intervento di un buon maestro di canto. Le possibilità timbriche della voce umana sono davvero moltissime, alcuni generi musicali richiedono una voce piuttosto chiara, altri una voce più impostata nel senso di più voluminosa e scura, altri particolari effetti come il rauco e il graffiato…queste diversità si ottengono mantenendo stabili respirazione, sostegno e appoggio variando invece l’apertura della bocca e modificando i risonatori buccali. 


4 commenti:

  1. Complimenti, tutto molto chiaro. Soprattutto mi é piaciuto l'esempio con l'orizzontalità e la verticalità.

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  2. Salve Diego sono contento se i contenuti li ha trovati chiari. Le mando un cordiale saluto e se ha delle domande o dubbi sono a disposizione 👋

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  3. Complimenti, spiegazone chiarrisima. Un saluto!

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    1. Gentile utente, ricevo con gioia i suoi complimenti e la ringrazio molto, sono lieto di sapere che l'articolo è per Lei utile.
      La saluto

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