giovedì 4 luglio 2019

Come vocalizzare sulla "i"

Questo post è in risposta a Cri74 che mi chiede come è possibile aiutare a vocalizzare sulla "i" in chi proviene da un'impostazione eccessivamente basata sulla "u".
Innanzitutto bisogna ricominciare a pronunciare una "i" in maniera naturale, chiara come per dire "imbuto, io, ieri, ecc", sfruttando i muscoli del viso e aiutandosi attraverso essi ad indirizzarla avanti sul volto. Bisogna riattivare i muscoli che, con l'uso eccessivo della "u" o un'impostazione troppo amimica, hanno perso la funzione di modellare il suono.
Posionate i pollici sotto agli zigomi, quando pronunciate la "i", aiutatevi con le dita e sollevate verso l'alto e verso le orecchie gli zigomi, come se la faccia si aprisse dietro e verso l'alto, come se i muscoli si storassero, quest'imamgine è stata spesso utile nella mia esperienza.




 Nell'immagine sopra ho raffigurato il movimento degli zigomi in alto e lateralmente

 Allo stesso tempo pensate al suono "i" che compie una traiettoria ad arco prima di uscire tra le sopracciglia (in altre parole la voce si soloca in alto al palato e avanti). Importante prununciare la vocale in modo chiaro e non fare un surrogato di "u". Lasciate che la voce vibri in tutto il volto, sugli zigomi, ai lati del naso, sulla fronte, alle tempie.




Nell'immagine sopra ho raffigurato sia il movimento dei muscoli del volto in alto e indietro sia il movimento ad arco della voce.

Questa posizione, l'idea del percorso ad arco, la riflessione del suono tra gli occhi e nel volto si può tenere anche nel pronunciare le alre vocali: e-a-o-u-; questo è un suggerimento che potrebbe aiutare chi ha bisogno di recuperare un timbro più naturale. Spero di essere stato utile, fatemi sapere!
Andrea





martedì 2 luglio 2019

Riflessioni sulla tecnica del canto



Sono lieto di vedere che così tanti di voi mi scrivono ponendomi domande e dubbi, in questo post cercherò di rispondere in forma di dialogo ai temi che maggiormente ricorrono nei vostri quesiti in particolare per le voci snaturate, appesantite; nel blog potete trovare tutti i riferimenti tecnici spiegati per esteso, qui ne darò dei cenni. La voce è uno strumento musicale molto affascinante, a differenza di un pianoforte o un violino, siamo noi stessi lo strumento. Come possiamo controllare la nostra voce: con la conoscenza della fisiologia, con immagini mentali e sensazioni interne. 

La respirazione e l’appoggio

Nel canto è necessario apprendere  il giusto metodo di respirazione che è "intercostale- diaframmatica": le stesse due parole definiscono che una corretta presa d’aria deve coinvolgere sia il muscolo diaframma che le costole. Come sapete il diaframma ha una forma di cupola, la parte più estensibile è quella laterale e inferiore. Inspirando il diaframma automaticamente si abbassa come una pompa, premendo gradualmente verso il basso e facendo sporgere l’addome nella arte alta (epigastrio), mentre gli altri addominali quelli medi e bassi si adattano con flessibilità a questo movimento, è importante non “spanciare” come dicono alcuni allievi. Nell’immagine sottostante potete osservare la discesa del diaframma.


 


Ma, il solo abbassamento diaframmatico, non è sufficiente, bisogna cercare di appiattire il diaframma ed estenderlo il più possibile, proprio come se fosse un telo elastico, agendo in maniera indiretta: ovvero lasciando che esso scenda morbidamente ed allo stesso tempo aprendo le costole medio-basse lateralmente.








Quando apriamo le costole la membrana elastica del diaframma si appiattisce completamente, i polmoni e le costole cercano di fare maggiore spazio a sinistra e a destra. In questo modo si crea quella che viene chiamata: “base larga, appoggio, apertura del diaframma”, ecc. Se eseguita correttamente questa respirazione fa chiaramente percepire al cantante sia l’apertura di tutto il torace con una gradevole pressione laterale che il diaframma abbassato sperimentando una sorta di appoggio verso il basso. Questa dilatazione ed apertura consente di sostenere la colonna d'aria necessaria per cantare. E’ molto importante: mentre si inspira rilassare l’addome evitando di tenerlo compresso all’interno rigidamente, le ultime costole si allargano mentre il diaframma scende e gli addominali nella parte alta (epigastrio) sporgono (poiché il diaframma è tenuto basso). Al momento di cantare non bisogna chiudere il torace ma cercare di mantenerlo in questo stato inspiratorio, con questa bella sensazione di dilatazione interna e spazio, come se il diaframma fosse mantenuto ampio da alcuni fili frontalmente, posteriormente e lateralmente (potete immaginare che qualcuno dall’esterno tenga tirati questi fili, come se ci fossero delle forze esterne).






 




Ricordate che è sbagliato inspirare appiattendo in dentro la pancia (si verifica una respirazione eccessivamente alta che schiaccia il diaframma in alto) quanto gonfiare solo l’addome (si verifica una respirazione addominale per cui il diaframma scende ma non si allarga e non si distende).









Se cantando il diaframma resta allargato e disteso assume la funzione di trampolino elastico per i suoni.  Pertanto, per appoggiare il suono il diaframma deve rimanere teso e piatto espanso verso l'esterno. Se realizziamo una corretta respirazione costo-diaframamtica automaticamente realizziamo la base per l’appoggio, ovvero mantenere il più possibile la costole e il diaframma con una tensione verso l’esterno.








Il sostegno 

Avviene grazie ai muscoli addominali: il mio consiglio è quello di focalizzarsi su quelli più alti, a ridosso del diaframma, nell’epigastrio. Una volta inspirato in maniera corretta e mantenuto l’appoggio il senso di pressione verso il basso e di apertura laterale, si sostiene con un lieve movimento morbido ma continuo l’uscita della colonna d’aria e la voce. Il movimento deve essere dolce e morbido, come se gli addominali fossero morbida spugna che gradualmente guidano l’uscita dell’aria, con un movimento in dentro ed in alto. Allora il diaframma e la voce vengono appunto sostenuti da sotto, come se ci fosse un vassoio che non li fa cadere. Mai mollare questo movimento che deve svolgersi con gradualità e continuità, sottolineo di nuovo: gradualità e continuità. In sintesi tenere appoggio + gestire l’usicta dell’aria e della voce con il movimento addominale (pensato un po’ come il motore del fiato).Tutto qui.
Respirazione, appoggio e sostegno sono tre aspetti correlati e che si integrano, cooperando in sinergia.

Il suono in maschera

Spesso ricevo domande sul "Mettere la voce nella maschera", questo significa  posare la voce correttamente,  utilizzando le cavità interne, quelle poste dietro le ossa facciali (il seno frontale, i seni paranasali), proprio come un amplificatore naturale. Bisogna proiettare la colonna di aria e la voce più in alto e avanti possibile: più avanti viene posizionato il suono, più è a fuoco e squillante, vicino all'orecchio dell'ascoltatore; più avanti è il ​​suono è tanto più è sostenuto nella maschera arricchendosi di risonanze. In particolare c’è un suono che facilita questo processo:  è la vocale latina "'i", pronunciandola naturalmente il suono è anteriore e in maschera, è già avanti e posizionato correttamente. Bisogna stare attenti a non pronunciare una i simile ad una u, poiché questo porta a snaturare il timbro, la “i” latina, chiara e pulita è perfetta per sperimentare la propria voce naturale. Se provate a pronunciare la “i” e a seguire le altre vocali, potete percepire che esse sono più posteriori e tendono a cadere in gola, in particolare la a, e , o. Ciò che spesso suggerisco è di sfruttare la “i” latina come stampella o guida, una sorta di strada su cui posizionare anche tutte le altre vocali. In altre parole mettere tutti i suoni vocalici nella posizione della "i". E’ un training che va fatto gradualmente e sulla guida dal vivo, di un insegnante preparato e attento, con un orecchio sensibile ed in grado di sentire in profondità la voce dell’allievo, proprio come se fosse quella voce. Oggi a mio avviso c’è una vera fissazione nella maggior parte delle scuole di canto: quella dell'oscuramento della voce, l’ingrossamento e lo snaturare il timbro. Molti cantanti pronunciano la "i" latina come una "U" francese, o quando arrivano alla “e” latina (come nella parola tenero) pronunciano "eö". Questo metodo invia la voce all'indietro nella gola, facendo perdere colore, ricchezza, pulizia e sonorità. La vocale "i" a mio avviso è ottima per l’impostazione del suono e della voce, ad alcuni può sembrare che renda la voce piccola ma possiede invece la giusta risonanza, ed essendo sostenuta dalle cavità della maschera possiede un numero elevato di frequenze.
Per pronunciarla e successivamente cantarla in maniera corretta, bisogna lasciare che essa risuoni nella cavità superiodi del viso. Vi potete rifare ad esempio all’immagine proposta in più post: pensate di avere un forellino posto tra le sopracciglia e di dovere pronunciare la “i” in alto e avanti, come se uscisse da questo piccolo forellino. Pronunciate la vocale chiara come nella “Io”, lasciatela leggera e usate un’intensità mezzo piano. Quando arrivate a pronunciare le altre vocali (che suggerisco di enunciare in questa sequenza: e-a-o-u), cercate di non perdere mai le sensazioni sperimentate con la “I”, in parole semplici come se tutte le vocali uscissero dal forellino posto in mezzo alle sopracciglia; pensate le vocali sempre più alte della “I” e più avanti, come se la scavalcassero con un movimento ad arco.
Quindi immaginate che ci sia un piccolo foro nella fronte, tra gli occhi, e che è da questa apertura che passa il suono. Questo forellino  ha sempre le stesse dimensioni, non cambia mai: la "i" lo  attraversa perfettamente poi la “e (come la parola edera) che è una vocale più grande, e la "a"più grande ancora. Tutte vanno tenute leggere e pensate alte, al di sopra della “i”, in questo modo sono  in grado di “passare facilmente”. Nel fare questo aiutarsi molto con l’articolazione e con i muscoli facciali. Più pesante e più grande è la vocale, più dobbiamo elevare alzando i muscoli delle guance, mentre proiettiamo il suono verso l'alto. Molti cantanti pronunciano le vocali e, a, o-u con la bocca atteggiata perennemente ad O, senza muovere i muscoli facciali, inoltre per correggere il difetto di voci rese appesantite ed artificiali è importante aiutare l’allievo a pronunciare la a come una o  aperta e la o come una a francese (ad esempio la parola amore si pronuncerà Amore). La "u" è la più difficile di tutte, per pronunciarla al meglio bisogna portarla  più vicino possibile alla "i", nelle cavità che circondano il naso e sentirla vibrare avanti.





 



 



Un'altra cosa da evitare nelle voci snaturate e appesantite è la bocca a forma di O che tanti insegnanti di canto consigliano: una posizione fissa con la bocca stretta e il mento completamente abbassato. Bisogna imparare ad articolare, usando la mascella superiore e non quella inferiore. Se abbassiamo il mento in modo spropositato anche il suono cade in basso e diventa chiuso, mentre se si utilizza la mascella superiore e mantenendo morbida quella inferiore dà ancora molto più spazio e sonorità alla voce. Fisiologicamente nelle note acute si sarà portati a sollevare le guance. Questa è la base del canto. 

La maschera non è il naso!

Molte persone tendono a confondere le due cose, i suoni in maschera sono vicini al naso, ma non  diventano nasali. Un esercizio utilissimo per evitare ciò e capire cosa significa suono avanti e non nel naso è quello di tappare il naso e cantare pensando sempre all’idea del forellino tra le sopracciglia. Provate a parlare articolando solo le vocali con naso tappato e pensandole invece alte e avanti, come se fossero sopra al naso.
Più si sale in acuto e più bisogna pensare a dare più spazio come se la testa lateralmente, frontalmente e posteriormente si espandesse, questo consente di  dare più spazio alla voce.






 Spero questo post e queste riflessioni, sulla base dei differenti quesiti a me rivolti, possano essere uno spunto di riflessione e possa chiarire i dubbi. 
A presto